Baldin (M5S): "Braccianti indiani resi schiavi nel Trevigiano, interrogo la Giunta regionale per sapere come intenda sostenerli e proteggerli. Chiedo a Zaia di costituirsi parte civile nel processo, e alle imprese di aderire alla Rete per il lavoro agricolo di qualità"

08 luglio 2024

(Arv) Venezia 8 lug. 2024 -     "Sono sconvolta dalla notizia dei circa cinquanta braccianti indiani sfruttati nel Trevigiano in condizioni disumane di vita e di lavoro, e plaudo al loro coraggio di uscire finalmente allo scoperto, denunciando il caporale e l’imprenditore che li hanno resi in tali condizioni".

Erika Baldin, Capogruppo del Movimento 5 Stelle in Consiglio regionale, commenta così "il caso portato alla luce nei giorni scorsi dalla FLAI CGIL, e mi rivolgo alla Giunta veneta per conoscere le sue intenzioni relative alla piaga del Caporalato".

"Ho depositato un’interrogazione, attraverso la quale chiedo all’Esecutivo guidato da Luca Zaia in quale maniera sosterrà e proteggerà questi lavoratori - informa l'esponente pentastellata- Ad esempio, potrebbe costituirsi parte civile nel processo che assieme al sindacato hanno intentato nei confronti di chi si è approfittato di loro, sottraendo i documenti e impiegandoli nei campi per oltre quindici ore al giorno. Di recente ho anche avanzato un Progetto di legge per la costituzione di parte civile della Regione del Veneto nei processi che trattano le morti e i gravi infortuni nei luoghi di lavoro".

"Tra le misure che potrebbero essere adottate al fine di contrastare tale piaga con più efficacia, anche la certificazione nella Rete per il lavoro agricolo di qualità, organizzata dall’INPS secondo la legge 199 del 2016: - propone la consigliera M5S - A quanto afferma la FLAI CGIL, in Veneto solo 299 imprese agricole lo hanno fatto, rispetto alle oltre 50mila attive. La legge prevede anche l’insediamento di sezioni territoriali della Rete, ma qui non se n’è insediata ancora nessuna. Per questo chiedo alla Regione di sollecitare le aziende ad aderire".

" E in termini più generali - conclude Baldin - occorre mettere profondamente mano alla legge Bossi-Fini, assai restrittiva della possibilità di entrare legalmente in Italia per motivi di lavoro: una norma che sta alla base di tragedie come queste, obbligando le persone che migrano per migliorare la propria economia familiare ad affidarsi a organizzazione malavitose e lesive dei più elementari diritti